Il divieto di licenziamento durante il periodo emergenziale è applicabile anche alla categoria dei dirigenti, stante la ratio della norma e non essendovi specifiche esclusioni a livello normativo.
Tribunale di Milano 10 novembre 2021, n. 2629 – Giud. Pazienza
Un dirigente ha adito il Tribunale chiedendo di accertare e dichiarare la nullità del licenziamento intimatogli per violazione della normativa emergenziale (con particolare riferimento all’art. 46 del D.L. n. 18/2020, così come modificato dal D.L. n. 34/2020), con conseguente reintegra nel posto di lavoro e risarcimento del danno in suo favore pari ad una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell’effettiva reintegrazione e, comunque, in misura non inferiore a cinque mensilità, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo, ed oltre al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali.
L’azienda ex datrice di lavoro del dirigente, costituendosi ritualmente in giudizio, ha chiesto il rigetto delle domande dal medesimo formulate. Il Giudice di merito, nell’accogliere il ricorso del dirigente, ha precisato che dalla lettera di licenziamento prodotta in giudizio emergeva che il dirigente fosse stato licenziato per un contenimento dei costi aziendali per una più utile gestione dell’impresa, a seguito della nota emergenza epidemiologia da COVID-19. In particolare, all’interno della lettera di licenziamento agli atti si legge che era stata individuata proprio la figura del dirigente dato che “…nel giro di dodici mesi, (…) al compimento del 67esimo anno di età, raggiungerà (ndr avrebbe raggiunto) l’età anagrafica fissata per legge per l’ottenimento della pensione di vecchiaia, percependo i relativi emolumenti e potendo contare sull’indennità sostitutiva del preavviso”.
Secondo il Giudice di merito è apparso evidente dalla lettura dei motivi del licenziamento che non si è trattato di un recesso ad nutum, piuttosto di un licenziamento motivato da ragioni economiche, affetto da molteplici profili di invalidità.
Per quanto ci occupa, il Tribunale ha innanzitutto osservato (in via preliminare) che il divieto di licenziamento introdotto nel periodo emergenziale si applica anche alla categoria dei dirigenti. L’interpretazione secondo cui il suddetto divieto non si applicherebbe nei confronti di tale categoria di lavoratori non può ragionevolmente trovare riscontro in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 14 del D.L. n. 104/2020.
Il Giudice di merito ha, infatti, aggiunto che il richiamo da parte della normativa emergenziale di cui all’art. 3 della L. n. 604/1966 per individuare la tipologia del licenziamento interessato dal divieto, ovverosia il licenziamo per g.m.o., “è diretto soltanto ad individuare sulla base della motivazione della intimazione di recesso la tipologia di licenziamento investito dal divieto, ossia il licenziamento per motivi oggettivi”.
Pertanto, a nulla rileva chi siano i destinatari della normativa sui licenziamenti (L. n. 604/1966), ovverosia soltanto operai, impiegati e quadri (art. 10, L. n. 604/1966), poiché la ratio del legislatore durante il periodo emergenziale è stata quella di vietare qualsivoglia licenziamento “economico”. Ed infatti, il richiamo specifico effettuato dall’art. 14 della L. n. 104/2020 è solamente all’art. 3 e non integralmente alla L. n. 604/1966.A ciò si aggiunga che i dirigenti sono pacificamente soggetti alla disciplina legale dei licenziamenti collettivi (art. 24 L. n. 223/1991).
Del resto, prosegue il Tribunale, apparirebbe illogica l’esclusione del licenziamento economico individuale del dirigente dal campo di applicazione del blocco di cui al quadro normativo emergenziale, nel quale risulterebbe invece incluso il licenziamento collettivo del medesimo. Tale conclusione è altresì supportata dall’applicazione anche ai dirigenti del regime sanzionatorio della tutela reale (art. 18, commi 1 e 3, della L. 300/1970) in caso di nullità del licenziamento poiché intimato in violazione di un espresso divieto previsto da una norma imperativa. Peraltro, il Giudice di merito ha richiamato anche il principio secondo cui il licenziamento di un dirigente deve essere supportato da un giustificato motivo in virtù di quel principio generale di cui all’art. 1 della Legge n. 604/1966 “Difatti la giustificatezza oggettiva, di fonte contrattuale che integra la giustificazione oggettiva dei licenziamenti dei dirigenti, è in rapporto di continenza rispetto al meno ampio giustificato motivo oggettivo”. Peraltro, l’esclusione dei dirigenti dal sopra menzionato divieto risulterebbe incoerente con una lettura costituzionalmente orientata della disciplina in relazione al principio di uguaglianza, anche sotto il profilo della ragionevolezza.
A tal proposito, il Tribunale ha richiamato il principio di diritto ormai consolidato della Suprema Corte in base al quale per i dirigenti si possono ammettere dei trattamenti differenti “sempreché si tratti di situazioni idonee a giustificare un regime eccezionale, con riguardo ad altri apprezzabili interessi e comunque non vengano superati i limiti della ragionevolezza”.
La pronuncia in argomento si inserisce all’interno di un vivace contrasto giurisprudenziale, in cui si sono registrati orientamenti contrastanti. Infatti, il Tribunale di Roma, con ordinanza del 26 febbraio 2021, ha inizialmente dichiarato illegittimo il licenziamento individuale per motivi economici irrogato ad un dirigente durante il periodo emergenziale per poi legittimare tale tipologia di licenziamento con una diversa pronuncia del successivo 19 aprile 2021.
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