Discutiamo di un caso giurisprudenziale sulla tempestività della contestazione disciplinare rivolta al dirigente.
La società Alfa, all’esito del procedimento disciplinare, procedeva al licenziamento per giusta causa di un lavoratore con qualifica dirigenziale a fronte di due addebiti, uno relativo a varie lamentale ricevute dalla società per il suo operato e l’altro per non aver eseguito le indicazioni ricevute dal consiglio di amministrazione in merito a un progetto di riorganizzazione della società.
Il dirigente impugnava il licenziamento ed adiva il Tribunale competente, il quale riteneva la prima contestazione del tutto generica mentre con riguardo alla seconda, pur dichiarando che il fatto disciplinarmente rilevante sussistesse, riteneva che il licenziamento fosse comunque illegittimo per la tardività della contestazione rispetto al momento in cui il dirigente aveva messo la proprietà nelle condizioni di conoscere i dettagli relativi al nuovo accordo siglato.
Proposto appello, la Corte confermava la genericità della prima contestazione, ma in relazione alla seconda, riteneva che la stessa non fosse stata tardiva, in quanto tra la firma dell’accordo e la contestazione disciplinare erano intercorsi soltanto tre mesi, lasso temporale che non poteva essere ritenuto oggettivamente di particolare rilievo e tale da integrare la dedotta tardività, posto che la proprietà aveva bisogno di un tempo più lungo per valutare se la scorrettezza commessa dal dirigente avesse in realtà portato elementi di miglioramento o, quanto meno, risparmi economici per la società sovrapponibili a quelli del piano elaborato approvato.
Sulla gravità della condotta la Corte riteneva che la stessa avrebbe potuto essere sanzionata con un provvedimento conservativo solo a fronte di giustificazioni precise che motivassero l’impossibilità di attendere l’approvazione del consiglio di amministrazione ed una valutazione complessiva sul nuovo piano, ciò che non era stato neanche allegato.
Il lavoratore proponeva ricorso in Cassazione la quale confermava la sentenza della Corte d’Appello ed in particolare statuiva che il differimento della contestazione era stato necessitato, in conformità ai principi giurisprudenziali, dalla complessità dell’organizzazione aziendale, sia da un punto di vista logistico che comunicazionale, dalla complessità della questione relativa alla valutazione da effettuarsi, da un punto di vista sostanziale ed economico, dell’accordo firmato dal Dirigente e con esame delle ricadute che lo stesso avrebbe avuto sia nel breve che nel lungo periodo.
Alla luce di queste considerazioni la Corte di Cassazione ritiene tempestiva la contestazione comunicata tre mesi dopo la conoscenza del fatto.